OPERE
1972 > Il campo di concentrazione (Bompiani) Premio selezione Campiello 1972
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Romanzo registrazione su un’altra esperieza estrema dopo l’esplorazione della psiche resa patologicamente negatrice di se stessa, de Il pensiero perverso. Qui la scrittura è andata a collocarsi in quella zona ultima della malattia dove tutti i legami (emotivi, razionali, operativi) col mondo sono recisi, dove tutto tace, dove la vita psichica, ridotta a un residuo di una catastrofe totale, è pura persistente e immobile sofferenza. La malattia occupa tutta la scena, è l’unica realtà; e questa realtà è paradossalmente, il nulla. Perciò la scrittura diventa intransitiva, cerca solo se stessa, si sdoppia nello spasimo di una sopravvivenza, e disperatamente chiede di poter esistere e di poter parlare. Ma proprio così, nel nulla, accanto al nulla, al cospetto del nulla, si crea una voce e si istituisce uno sguardo che lo spia e lo esplora, che ne registra gli orrendi, taciti, notturni sommovimenti interni.
Vivissimo, tenace, implacabile, questo sguardo diventa “un mondo”: un mondo attraversato da un’intensità ad alto voltaggio, lacerato da tormenti morali ed estetici, vivificato da un irriduciile desiderio di vita, un mondo in cui si accendono le maschere grottesche e risibili del teatro della follia e in cui a poco a poco, anche, si ricostituiscono gli affetti e le emozioni comuni, in una nuova, precaria limpidezza, palpitanti e fragilissimi…. Perciò, come l’eventuale resoconto di un drogato dall’interno della droga, di un alcolizzato dall’interno dell’alcool, questo resoconto dall’interno del silenzio estremo, della “malattia mortale”, diventa per il lettore una concreta esperienza.