OPERE
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Milano-Torino e ritorno: un tratto di autostrada che si snoda tra le risaie, un nastro d’asfalto percorso con angoscia e orrore, altre volte con flebile speranza, dallo scrittore Pietro Mura, alcolista in preda a ricorrenti crisi depressive, intellettuale impaziente, duro con se stesso e con la realtà politico-economica che lo circonda. A un estremo dell’anello la “capitale immorale” Milano, governata unicamente dall’”anima” del commercio e del profitto, oppressa da cieli plumbei e uniformi, stagnante. Dall’altro invece Torino, cieli alti e luminosi, in cui trova un nuovo medico e la speranza di una nuova cura, nella quale riconosce anche una possibile storia d’amore. Su questo percorso di andate e ritorni, ossessivamente circolare, si snoda la vicenda esile e intensa di una guarigione forse impossibile, che a volte pare addirittura non necessaria, tanta è invece l’urgenza che il racconto attribuisce alla ricerca delle radici della malattia.
Su tutto si fa strada in modo impercettibile ma inesorabile, la sensazione che la follia e l’ossessione appartengano prima di tutto al mondo e alla cronaca, che ci siano ragioni politiche e sociali più forti ancora di quelle interiori, che violenza e caos siano soli il lascito amaro di un paese illiberale, di logiche di mercato inumane eppure apparentemente da tutti condivise. E’ l’ultimo libro di Ottieri, un libro estremo e forse terribile: nella precisione meticolosa con cui scandaglia il male del suo protagonista, nella scrittura aspra e affilata che detta i ritmi compulsivi della circolarità e della dipendenza, riconosciamo non solo il suo disagio interiore ma anche il nostro difficile sopravvivere in un paese in cui la barbarie si presenta con il volto dell’ovvio, dell’inevitabile; e la sua analisi è spietatamente verticale, giunge al cuore della banalità, della fatica individuale e collettiva, ne esplora i silenzi e le paure, lascia quasi con terrore che ne emergano le contraddizioni e ci consegna infine il profilo livido di una quotidianità allucinata.